martedì 28 ottobre 2014

La pistola fuciletto è un fucile da caccia?

Il caso di cui parlerò è nato per la pistola fuciletto Serena 32. 
Si tratta di un mono colpo con impugnatura a pistola, canna liscia, impugnatura estensibile, cal. 32.
La Cassazione penale (sent. 18150 del 4 aprile 2014) ha esaminato il caso di una persona che si era ferito (in zona di caccia) infilandosi nella cintura il fucile da cui è partito un colpo.
Gli era stato contestato il porto abusivo d'armi in quanto la licenza di caccia non era sufficiente per giustificare il porto di un'arma che doveva considerarsi pistola.
La Corte d'Appello di Brescia

aveva confermato la sentenza del Tribunale,  condannandolo con riduzione della pena.
L'imputato si nera rivolto in Cassazione dicendo che la pistola fuciletto era da considerarsi a tutti gli effetti un fucile da caccia. Aveva prodotto una consulenza di parte in cui il consulente aveva affermato che l'arma, a canna liscia e munizione spezzata, era da considerarsi un fucile, anche per la possibilità di inserire un calciolo estensibile.
La difesa sosteneva poi che non era contestabile il reato di porto abusivo d'arma ma al massimo l'esercizio della caccia con mezzi non consentiti.
Il problema di fondo era quello di stabilire se la pistola fuciletto Serena 32 fosse un fucile da caccia o una pistola. Nel secondo caso la licenza di porto d'armi ad uso di caccia non sarebbe stata idonea per il porto di una pistola (carica).
La Cassazione ha ritenuto applicabile la direttiva del Consiglio della Unione Europea 18 giugno 1991  (91/477CEE), modificata dalla Direttiva 2008/51/CE, per la quale (punto IV dell'all. I) si intende per arma da fuoco corta un'arma da fuoco la cui canna ha una lunghezza inferiore ai 30 cm, oppure la cui lunghezza totale non supera i 60 cm. Per la medesima direttiva si intende per arma da fuoco lunga qualsia arma diversa dalle armi da fuoco corte.
La Suprema Corte ha ritenuto l'arma in esame corta in quanto la lunghezza della canna è di cm 27, quindi inferiore al limite di 30 cm.

sabato 25 ottobre 2014

I silenziatori sono consentiti?

Quello dei silenziatori è uno dei più grossi problemi pratici.
C'è un enorme contrasto tra quelle che sono logica e corretta interpretazione giuridica e la giurisprudenza della Cassazione.
Una bella disquisizione giuridica è contenuta a pag. 700 del Codice delle Armi e degli Esplosivi del giudice Mori (ed. 2014).
Vi si legge che la legge italiana non si è mai occupata dei silenziatori che peraltro sarebbero di libera produzione e detenzione.
Si ricorda che i silenziatori per armi di piccolo calibro sono di libera vendita in Francia, Austria, Svizzera.
Esiste una circolare del 1939 (ribadita poi fino a quella 14.1.1996) del Ministero dell'Interno in cui si fa divieto di produrre e vendere i silenziatori. Tale circolare però può obbligare sul piano amministrativo solo i titolari di licenze di polizia: un armiere non può quindi produrre o vendere silenziatori.
La Convenzione di Strasburgo ratificata con la legge 8 maggio 1989 prevedeva che i silenziatori avessero lo stesso regime giuridico delle armi su cui andavano applicati. Tale convenzione però non ha mai avuto norma di attuazione.
L'art. 4 della legge 2 agosto 1967, n. 799, sulla caccia ha stabilito che per la caccia non si possano usare i silenziatori.
Sembrerebbe quindi che per altri usi si possano usare. Quello che non è proibito è lecito.
Del resto avrebbe una logica i silenziatori in poligono per evitare l'inquinamento acustico ad esempio (salvo difficoltà tecniche). O comunque potrebbe essere un legittimo divertimento montarli sulla propria arma, sempre in poligono. 
Eppure non c'è da stare tranquilli.
Del tutto contestabilmente anche da un punto di vista tecnico, la Cassazione ha più volte stabilito che si ha alterazione d'arma quando viene realizzata una filettatura per applicarvi un silenziatore. In questo modo si avrebbe un aumento della potenzialità d'offesa dell'arma (Cass. I, 8.9.1982 n. 7835; Cass. I, 27 maggio 1985, n. 5202; Cass. I, 29.12.1988, n. 12867).
E' vero che la Cassazione trascura che la filettatura non è detto serva solo per i silenziatori ma la giurisprudenza ad oggi così è.
Una sentenza del 18 aprile 1977 (Cass. I sez.) ha stabilito che il reato di cui all'art. 3 della legge 110/1975 sia configurabile anche quando non ci stata una filetattura ma il silenziatore sia applicabile in altro modo (innesto a baionetta).
Lo stesso silenziatore è stato definito parte d'arma, quindi con tutta la normativa per le armi dalla sentenza Cass. pen. I sez., 12.12.2002, n. 41704.
"Agli effetti della legge penale costituisce parte di arma non solo ogni parte strettamente necessaria a rendere l'arma stessa atta allo sparo, ma anche quella che contribuisce a rendere l'arma più pericolosa per volume di fuoco o rapidità di sparo, precisione di tiro e simili, ovvero più insidiosa, sempre che essa, pur avendo una sua autonomia funzionale, si presti a una ricomposizione con l'arma mediante un procedimento di facile e veloce effettuazione, di guisa che risultano penalmente irrilevanti solo le parti di mera rifinitura od ornamento, non aventi cioè riflesso alcuno, né diretto, né indiretto, sul funzionamento e/o sulla pericolosità dell'arma al momento della sua utilizzazione. (Nella specie è stata ritenuta parte di arma un silenziatore in quanto tale, indipendentemente dall'accertamento della sua riferibilità a un'arma specifica)."

sabato 18 ottobre 2014

Le armi e le pubbliche riunioni


L'art. 4 della legge 110/1975 proibisce di portare armi, proprie o improprie, in una riunione pubblica.

Il divieto vale anche per chi ha il porto d'armi.
La ragione è quella di tutelarsi dal pericolo che chi ha l'arma possa minacciare o aggredire o che magari possa essergli sottratta l'arma per usarla nel contesto.
Si ritiene infatti che la presenza di un'arma in un contesto affollato sia fonte di pericolo.
Per arma si può intendere anche un bastone, un coltello, una  accetta, tipiche armi improprie.
Il reato previsto dalla norma comporta le pene seguenti:
a) arma impropria, arresto da due a diciotto mesi ed ammenda da € 103 a € 413;
b) arma propria bianca o da sparo, da parte di chi è titolare della licenza di porto d'armi, arresto da 4 a 18 mesi ed ammenda da € 103 a 413;
c) arma propria bianca o da sparo, da parte di chi non ha la licenza di porto d'armi, arresto da uno a tre anni ed ammenda da € 206 a 413.
La riunione pubblica che viene immediatamente in mente è il comizio politico.
Quella forse più frequente è la partita di calcio.
La Corte di Cassazione Penale sez. I (16 dicembre 1982, n. 11589) ha ritenuto che ci sia pubblica riunione non solo dentro lo stadio ma anche nell'assembramento che si forma prima dei cancelli o nello spazio tra i cancelli ed il settore riservato al pubblico.
Perchè una riunione sia pubblica ai sensi dell'art. 4 della legge 110/1975 occorrono tre condizioni:
1) che sia una riunione, vale a dire una cosa programmata e non l'incontro occasionale di più persone;

2) che si tratti di una riunione da considerarsi pubblica per il luogo in cui è tenuta, per lo scopo o il suo oggetto insomma che abbia carattere di riunione non privata. Non può quindi considerarsi pubblica la riunione di un circolo di iscritti ai Lions in un ristorante, anche se si tratta di 300 persone;

3) che per il suo ogetto o per circostanzerelative al tempo, alle persone, al luogo dello svolgimento, lapubblica riunione abbia attitudine, secondo un criterio di normale prevedibilità a determinare disordini (Cass. Pen. sent. 22 febbraio 1983, n. 1913). Per questo si è considerata pubblica riunione una partita di calcio.


lunedì 13 ottobre 2014

Il Consiglio di Stato su come si custodiscono le armi.


Il 16 luglio 2014, il Consiglio di Stato ha emesso una interessantissima sentenza sulla custodia delle armi.

Il Questore ed il Prefetto di Roma avevano revocato la licenza ad uso di caccia e emesso il divieto di possesso di armi.
Il provvedimento è stato emesso a carico di un soggetto il cui fratello si era suicidato proprio usando uno dei suoi fucili.
Oltre questo, anche prima del suicidio, la Questura aveva diffidato la persona a custodire le armi e munizioni in modo che non potessero entrarne in possesso estranei o altri appartenenti alla famiglia. 
Le armi devono infatti essere custodite in modo che non ne possano entrare in possesso nemmeno gli altri componenti della famiglia.
Il diffidato non aveva provveduto.
Sta di fatto che, subito dopo il suicidio, i Carabinieri avevano trovato varie armi sparse per casa.
La casa era chiusa per gli estranei ma i familiari (come il fratello suicida) potevano accedere anche da un ingresso che dava sull'azienda agricola di famiglia.
Il titolare del porto d'armi si era giustificato dicendo che normalmente le armi erano chiuse in un armadio ben chiuso; alla porta della stanza era applicato normalmente un lucchetto, sosteneva.
La sentenza rileva che di fatto era stato possibile per il fratello prendere il fucile e suicidarsi. 
Non conta quindi che "normalmente" si tengano le armi ben chiuse (magari nella cassaforte).
Si è responsabili anche per il fatto di un momento, ad esempio se si lascia l'armadio aperto ed un figlio gioca con la pistola (o lo fa un ospite).
Bisogna che la custodia delle armi sia fatta correttamente "sempre" non "normalmente". Bisogna prevedere anche il caso eccezionale.
Nemmeno da considerare il fatto di chi, ad esempio, lascia i fucili in macchina per il pranzo in trattoria dopo la caccia ...
L'autorità di P.S. ha un potere discrezionale (art. 39 e 43 del t.u.l.p.s.) che non è nemmeno vincolato da eventuali provvedimenti giudiziari favorevoli al titolare del porto d'arma. Nel caso specifico infatti la persona era stata denunciata per omessa custodia di armi e il processo era stato archiviato.

Altro principio fondamentale stabilito dalla sentenza è che, proprio per il potere discrezionale, nulla vieta all'autorità di P.S. di dare di nuovo porto d'armi e/o permesso di detenzione qualora il soggetto dimostri in futuro la sua affidabilità.

Questa ultima parte della motivazione mi lascia perplesso perché non so proprio come un soggetto possa dimostrare la sua successiva affidabilità, almeno non in tutti i casi.
L'unico caso positivo che mi viene in mente è quello di un tossicodipendente che possa dimostrare di essersi completamente disintossicato ed aver cambiato vita.
Nel caso esaminato dalla Corte dei Conti non so proprio come la persona (cui è stato vietato di detenere armi) possa in futuro "dimostrare" che è diventato "affidabile".
E' anche vero che molte sentenze sembrano permissive nel momento in cui ad esempio dicono che è lecito tenere le armi in un armadio non blindato. Nel momento in cui però concretamente qualcuno se ne impossessa se ne ricava in automatico che la custodia era insufficiente.

sabato 11 ottobre 2014

Per aprire un poligono non serve autorizzazione

In questo stesso blog abbiamo pubblicato un post nel quale informavamo di una sentenza della Corte di Cassazione penale per la quale non occorre l'autorizzazione per aprire un poligono di tiro (post sulla sentenza).
La sentenza non era pubblicata su internet nonostante la sua importanza.
Ora la pubblichiamo qui. Chi vuole può scaricarla inserendo nome e mail nel modulo che segue.
E' importante sottolineare che si può aprire un poligono senza bisogno di autorizzazione comunale solo quando il punto dove lo si apre sia assolutamente sicuro per l'incolumità dei terzi.

Nome

Indirizzo E-mail



Per avere dei chiarimenti, scrivetemi: umberto@avvocatochialastri.it



sabato 14 giugno 2014

Posso difendere la mia proprietà con le trappole?

Le trappole rientrano nella categoria giuridica degli offendicula (termine latino).
Si tratta di tutti quei meccanismi che posso aiutare a proteggere la proprietà, dai vetri rotti sul muro alle vere e proprie trappole (tipo Vietnam).
La dottrina giuridica ha inquadrato tali mezzi nella legittima difesa.
La giurisprudenza ha invece inquadrato gli offendicula come un aspetto della dell'esercizio di un diritto (art. 51 codice penale).
Quando però tali mezzi sono concretamente leciti?
La prima considerazione è che non devono causare incidenti, magari a persone che non c'entrano nulla (tipo il postino o i vigili del fuoco o un vicino).
Per questo sono sicuramente leciti i vetri rotti sulla sommità di un alto muro.
In generale si dovrebbe anche avvisare del pericolo per chi entra in modo non autorizzato.
Occorre poi che ci sia un certo equilibrio tra quello che si protegge, il diritto che si protegge e il danno che si infligge all'eventuale ladro.
E' quindi difficilmente ammissibile e potrà portare ad una incriminazione per omicidio volontario il mettere un fucile caricato a pallettoni in modo che spari quando si apre la porta.
Saranno sicuramente ammissibili trappole che procurino danni limitati o fastidi (nei limiti in cui si sia avvistai del pericolo).
Anche la presenza di un cane aggressivo può essere considerata in questo quadro. Va quindi bene il cartello classico che avverte della presenza di un cane da guardia.
Vanno bene degli allarmi di tipo non convenzionale o magari meccanismi che mandino segnali acustici particolari o voci.
Sono sicuramente proibite delle buche con le punte tipo guerra nella giungla.
Potrebbe essere ammissibile una trappola che blocchi il ladro senza ucciderlo o danneggiarlo gravemente. Mi viene in mente il laccio che prende il piede e solleva.
C'è chi ha sostenuto, abbastanza giustamente, che non sta al giudice valutare il diritto ma questa tesi non è certo condivisa dalla giurisprudenza.
I concetti di fondo sono questi. Qualcosa si può fare ma sempre con la massima prudenza e la massima considerazione degli interessi in gioco.

sabato 7 giugno 2014

Vengo arrestato se porto il fucile e non ho pagato le tasse?

Un'altra vecchia questione è quella della validità della licenza se non si paga la tassa.
In altri termini, se non si è pagata la tassa:
* si può trasportare il fucile?
* si possono acquistare munizioni?
* si può andare a caccia?
* posso andare a caccia all'estero?
* posso usare il fucile per il tiro a volo?
La vecchia soluzione, ritenuta ancora valida da moltissimi, compresi tanti armieri, è che se non si paga la tassa la licenza  non è valida. Di conseguenza non si potrebbe fare nulla di quanto sopra elencato.
Il fucile dovrebbe rimanere chiuso nell'armadio.
Così era fino al 1995.
Con il D.M. 28.12.1995 le cose sono cambiate.
Nel decreto leggiamo, art. 5, che:"... la tassa deve essere pagata, per ciascun anno successivo a quello di emanazione, prima dell'uso dell'arma e non è dovuta per gli anni in cui non se ne fa uso.
... 3. Per l'omesso pagamento delle tasse di cui al comma 1, si applica la sanzione amministrativa da € 155 a 930 (L. 11.2.1992, n. 157, art. 31)."
Queste sanzioni sono poi state modificate (per l'esercizio della caccia) dalla legge 157/1992 (art. 31) e diventano da  € 154 ad € 929. In caso di recidiva da € 258 ad € 1.549.
Nel caso della licenza di caccia, se si va a caccia senza pagamento, sarà solo applicata la sanzione amministrativa sopra indicata.
Per tutti gli altri aspetti, trasporto, acquisto munizioni, etc, la licenza varrà come una licenza di tiro a volo.
Per la caccia all'estero sarà perfettamente valida.
Se si usa il fucile, se si porta, per difesa, la sanzione sarà amministrativa, dal cento al duecento per cento della tassa evasa (art. 8, D.L. 18.12.1997, n. 473).

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Sul pagamento della tassa per la licenza di caccia

La licenza di porto di fucile ad uso di caccia, come quella per tiro a volo, è soggetta al pagamento della tassa di concessione governativa.
La licenza di caccia è valida sei anni, Il primo anno va pagata di fatto la tassa perché altrimenti la licenza non viene rilasciata.
Negli anni successivi, se non si usa la licenza, si può tranquillamente non pagare la tassa. La licenza rimane perfettamente valida anche se non utilizzabile.
Altra questione è quella del fatto che il pagamento andrebbe fatto sempre dopo la scadenza perchè altrimenti varrebbe solo per l'anno in cui è stato fatto.
In altri termini, se la licenza scade il 30 aprile che chi dice che se viene pagata la tassa il 24 aprile questa scadrà comunque il 30 aprile. 
Non è così ma per evitare equivoci è sempre preferibile indicare sul bollettino postale il periodo a cui si riferisce il pagamento.
Nell'esempio di sopra,   sarebbe bene scrivere "licenza di caccia fucile a tre colpi anno 2014/2015" oppure "dal 1.5.14 al 30.4.15".

mercoledì 4 giugno 2014

Se ti hanno trovato ubriaco alla guida puoi avere un porto d'armi? Che fare?

La Questura deve valutare l'affidabilità di una persona prima di concedere una autorizzazione relativa alle armi. La legge richiede che si sia ragionevolmente sicuri che il soggetto non usi le armi in modo improprio.
A questo proposito è evidente che una persona che è stata trovata alla guida in stato di ebbrezza non fa certo una buona impressione.
La giurisprudenza si è occupata spesso di questo.
E' comunque prassi abbastanza diffusa, per le Questure, negare il porto d'armi a chi sia stato trovato ubriaco alla guida.
Esistono però importanti sentenze a favore dei "bevitori". Il principio di fondo è che non si possa valutare l'inaffidabilità di fondo sulla base di una ubriachezza isolata, occasionale, che sia avvenuta molto tempo prima.
Il TAR Tribunale Aministrativo Regionale della  Toscana (Firenza, sez. 2, sent. 29.8.2011 n. 1329) ha ritenuto che:
* in linea astratta anche un isolato episodio di ubriachezza o consumo di stupefacenti può far ritenere il richiedente inaffidabile all'uso delle armi;
* nello stesso tempo bisogna valutare quando sia avvenuto quell'unico episodio. Più è lontano nel tempo e meno se ne può tenere conto.
Riteneva quindi che al richiedente (trovato ubriaco alla guida un anno e nove mesi prima) potesse concedersi la licenza di tiro a volo.
Ancora più elastico si è dimostrato il TAR di Bolzano (sent. 9.1.2008 n. 1) per il quale un occasionale stato di ebbrezza (senza riferimenti al tempo) non

può essere di per se' idoneo alla revoca del porto d'armi e nemmeno a vietare la detenzione di armi, munizioni ed esplosivi.
Del resto, in pratica possiamo pensare ad una persona che si ubriachi una sola volta nella vita e sia talmente sfortunato da essere fermato proprio quella volta...
Dal punto di vista pratico, qualora ci fosse negato o revocato il porto d'armi, si potrà ottenere lo stesso l'autorizzazione impugnando il tutto davanti il Tribunale Amministrativo Regionale. Le basi ci sono e i principi di queste sentenze sono applicabili a casi simili

lunedì 2 giugno 2014

Se portiamo l'arma nella casa di villeggiatura dobbiamo denunciarla di nuovo?

Che cosa accade quando si porta il fucile da caccia per un periodo di tempo nella casa di villeggiatura o comunque in un'altra località?
E cosa accade quando la fa un titolare di licenza per tiro a volo e porta una pistola da tiro nella casa di villeggiatura?
Si tratta di un trasferimento temporaneo e viene quindi di pensare che non si debba denunciare di nuovo la detenzione del fucile. Si è già dichiarato che abbiamo acquistato quell'arma particolare nel domicilio di residenza e non abbiamo cambiato residenza.
Per risolvere il quesito dobbiamo avere riferimento ad un principio generale stabilito dalla giurisprudenza.
Si è ritenuto che il senso della norma sulla denuncia di possesso delle armi sia anche quello di permettere in qualsiasi momento all'autorità di PS di sapere dove sono . Questo sia per esigenze legate alla persona del proprietario (come un controllo o un eventuale ordine di sequestro) sia per quelle che potrebbero essere esigenze nazionali (come una disposizione in tempo di guerra, ad esempio, di requisizione delle armi dei privati).
Chiarito questo è facile capire che  per la giurisprudenza non è necessario fare una denuncia quando si va per qualche giorno a caccia in un'altra regione, ad esempio.
E' però necessario farlo quando il trasferimento dura un "apprezzabile" periodo di tempo, per essere restrittivi diciamo comunque 72 ore. 
Una sentenza della Cassazione (sez. I penale, 20.10.1984 n. 8843) ha ritenuto condannabile ai sensi degli artt. 58 e  221 T.U.L.P.S. un signore che aveva portato per un mese il fucile da caccia nella casa di campagna.
Dal punto di vista pratico che fare?
Nel caso in esame se si fosse trattato magari di un paio di giorni non sarebbe accaduto nulla. Il discrimine è quello delle 72 ore previste per l'obbligo di denuncia.
Dal punto di vista teorico si può distinguere il caso di chi porti un'arma per usarla (cacciatore che fa una battuta di caccia, anche se per diversi giorni o tiratore che partecipa ad una gara) da chi abbia semplicemente spostato il luogo di detenzione dell'arma. Questo può essere il caso del tiratore che (potendo trasportare la pistola per la sua licenza) l'abbia semplicemente spostata per non lasciarla, ad esempio, per più giorni nella casa di residenza rimasta vuota. In questo secondo caso scatta sicuramente l'obbligo di denuncia entro le 72 ore.
Questo è il criterio interpretativo più valido. 
Ovviamente starà al pubblico ministero dimostrare che il trasferimento è avvenuto da più giorni quando il proprietario lo neghi.
Dal punto di vista pratico il tutto sarebbe più semplice se venissero adottati sistemi di denuncia semplificati. Non è un piacere nemmeno per Carabinieri e Polizia ricevere un mucchio di denunce per trasferimenti di pochi giorni, dover compilare l'apposito registro etc. Sarebbe ad esempio più semplice stabilire che si possa fare un fax o una pec al comando e che queste denunce temporanee possano essere registrate o custodite in maniera semplificata.  Anni fa nel sito della Polizia di stato si leggeva che la denuncia di possesso di armi, in caso di urgenza, poteva anche essere fatta per fax. Inutile dire che i Commissariati in pratica non hanno accettato tale modalità, ritenendola inidonea.

domenica 1 giugno 2014

Le spacconate ti possono far perdere il porto d'armi?

Si è detto che più volte che bisogna approcciarsi con le Forze dell'Ordine in maniera calma e controllata.
Questo è valido in generale ma ancora di più per chi ha o vuole delle autorizzazioni in materia di armi.
Il Consiglio di Stato si è occupato del caso in cui ad un soggetto era stato revocato il porto d'armi (sent. 22 ottobre 2009, sezione VI, proc. 6477/2009, 6119/2006 reg. ric.). La motivazione era che l'uomo era stato trovato in stato di ebbrezza. A questo si è aggiunto che il giorno dopo era andato in caserma a protestare veementemente ed in modo aggressivo.
Il Consiglio di Stato ha sostanzialmente motivato che non può essere concesso l'uso delle armi a chi non sappia moderare la propria aggressività. Il fatto che il ricorrente non ci fosse riuscito nemmeno durante un colloquio con la Polizia era un indice negativo della sua assente capacità di equilibrio.
Queste le parole del Consiglio di Stato:
"Ora, l’uso e la detenzione di armi e materiali esplodenti può essere assentito a favore di soggetti in grado di controllare normalmente le proprie emozioni, sì da non farne temere un abuso nell’utilizzazione degli stessi; ma, di fronte a ma nifestazioni di non repressa animosità anche “a freddo”, dallo stesso appellante definite come spacconate”, non appare illogico che l’amministrazione (salvo riesame in caso di futura richiesta in tal senso), per condivisibili motivi cautelativi, abbia adottato le contestate misure inibitorie, la tutela della pubblica
incolumità giustificando queste ultime in presenza di una situazione di rischio legata all’accesa e non sufficientemente controllata animosità dimostrata dall’interessato nella specie; e ciò al condivisibile fine di evitare alcun rischio di abuso che i recenti fatti avrebbero potuto, non irragionevolmente, innescare e che, ove poi si fossero concretizzati, avrebbero coinvolto la responsabilità degli stessi funzionari interessati, anche di fronte alla collettività."
La conclusione è che le "spacconate" possono farci perdere il porto d'armi. Del resto, come si fa a dare un'arma a chi alla prima banale lite potrebbe tirarla fuori e sparare?

La balestra è un'arma? Si può portare fuori casa?

La balestra è nata come arma e come tale è stata usata per secoli.
Le moderne balestre hanno una capacità offensiva molto alta e molto maggiore quelle antiche.
Una balestra si può acquistare tranquillamente, anche per corrispondenza.
Il problema sorge quando ci si chieda se oggi sia un'arma e se di conseguenza vada denunciato il suo possesso e occorrano particolari autorizzazioni per portarla fuori casa.
Il tema è stato affrontato più volte dalla Cassazione ed in modo costante. Significative sono le sentenze 310 del 21.1.1997 e 4331 del 10.5.1997.
In queste sentenze la balestra viene vista come un oggetto ingombrante, difficile porto e di ardua maneggevolezza, incompatibile con i concetti di arma moderna. Inoltre è da moltissimo tempo che non viene più usata con lo scopo principale di "offendere" esseri umani.
Almeno non viene usata come arma - aggiungiamo - più dei coltelli da cucina.
La Cassazione ha quindi ritenuto che non sia un'arma ma un oggetto atto ad offendere (come un cacciavite o un coltello da cucina).
Il suo porto non è quindi punito dall'art. 699 codice penale (che si riferisce alle armi vere e proprie) ma dall'art. 4 della legge 110/1975.
Il Ministero dell'Interno, con la circolare n. 559/C.22590.101179(17) 1-582-E-95 del 16 dicembre 1995 ha dichiarato che le balestre ed i loro dardi sono da considerare "armi improprie" vale a dire oggetti atti ad offendere.
Per essere chiari questi non significa affatto che si possa andare tranquillamente in giro con una balestra in macchina, carica o meno. Se non si ha un motivo giustificato (come ad esempio un trasferimento o il recarsi in campagna per usarla per tiro a segno)  si è puniti ai sensi dell'art. 4 della legge 110/1975.

sabato 31 maggio 2014

Occorre una autorizzazione per aprire un poligono di tiro?


Per aprire un poligono di tiro non occorrono autorizzazioni.

lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3855 del 2001.
La Corte ha confermato la decisione del GIP di Latina del 12.2.2000.
Ovviamente questo non significa che si possa aprire un poligono in qualsiasi posto e che non ci sia alcun tipo di obbligo.
Chiunque spara in luogo pubblico deve essere in regola con la normativa sulle armi. Potrà quindi sparare solo chi abbia un regolare porto d'armi.
Nello stesso tempo, quando il luogo sia privato, come il giardino di una casa, potrà spararvi il proprietario.

Il luogo dovrà poi essere tale (come la classica cava) e bisognerà sparare in modo tale da non creare pericoli per il pubblico.

Se chi gestisce il poligono è un privato o una associazione senza scopo di lucro non esiste necessità di autorizzazione. Se fosse una attività commerciale si applicherebbe invece la rispettiva normativa.
E' anche evidente che si sarà praticamente soggetti a proteste dei vicini ed a continue ispezioni di Carabinieri e Polizia. Può quindi essere consigliabile trovare un modus vivendi magari adempiendo a prescrizioni che non sarebbero strettamente necessarie dal punto di vista giuridico ma che non creano eccessivi problemi.

venerdì 30 maggio 2014

Il coltello con chiusura a blocco e una importante modifica della Cassazione

In un post precedente parlavamo della costante giurisprudenza della Cassazione per la quale un coltello a serramanico che, una volta aperto, rimanga bloccato (coltello molto comune) era considerato un pugnale, quindi arma a tutti gli effetti. Ne derivavano l'obbligo di denuncia alla autorità e l'impossibilità giuridica di portarlo fuori da casa (nemmeno per caccia, lavori o escursionismo).
Ogni tanto prevale la saggezza e finalmente la Corte di Cassazione ha preso atto del proprio errore, ammettendolo anche coraggiosamente.
Si tratta della sentenza emessa il 9 aprile 2014, nella causa RG 44782/2013, sez. I penale.
In questa bella sentenza si riassume lo stato della giurisprudenza precedente sul concetto di pugnale ed in particolare sul tipo di coltello esaminato.
Vengono richiamate le sentenze per le quali il coltello con il sistema di bloccaggio (vedi figura) è considerato un'arma propria.
La Cassazione, modificando il proprio orientamento, scrive:
"È dato, peraltro, censire l'ulteriore indirizzo (richiamato, per l'appunto, dai giudici di merito nel caso in esame) secondo il quale costituisce arma propria anche il coltello a serramanico, affatto privo di «alcun congegno di scatto», che, tuttavia, assicura il blocco della lama — una volta snudata e in linea colla impugnatura — sicché la «successiva chiusura necessita di un meccanismo di disincaglio» (Sez. 1, n. 1901 del 18/01/1996 - dep. 17/02/1996, Angugliaro, Rv. 203807; Sez. 1, n. 5213 del 19/04/1996 - dep. 25/05/1996, P.M. in proc. Ben Hassime, Rv. 204670; Sez. 1, n. 16685 del 27/03/2008 - dep. 22/04/2008, Pa- pagni, Rv. 240278, citata nella sentenza impugnata; Sez. F, n. 33604 del 30/08/2012 - dep. 03/09/2012, Luciani, Rv. 253427; cui adde: Sez. 1, n. 29483 dell' 11/06/2013 - dep. 10/07/2013, Roso, non massimata)."
Infine la Corte definisce come deve essere un pugnale: "Sicché, in definitiva, quali che siano le particolari caratteristiche di costruzione del «coltello», alla stregua della varia tipologia, il discrimen tra l'arma impropria (cioè lo strumento da punta e/o da taglio atto ad offendere) e l'arma propria è costituito dalla presenza delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, quali, appunto, i pugnali o gli stiletti, e, cioè, la punta acuta e la lama a due tagli."
Quindi secondo, questo indirizzo, un coltello con bloccaggio della lama è un pugnale, un'arma propria, solo ed esclusivamente se ha una lama a punta ed a due tagli.
Finalmente!


mercoledì 28 maggio 2014

Che accade se percorro l'autostrada dentro un parco, con l'arma smontata?

Anni fa mi trovai in una nutrita discussione tra cacciatori. Per raggiungere la zona di caccia dovevano passare in un parco ma percorrendo un'autostrada.
Ovviamente si trattava di fucili portati in base ad una regolare licenza e smontati nelle custodie.
Il problema nasce dall'art. 11, comma 3, legge 6.12.1991 n. 394. Questa norma ha imposto il divieto di introdurre armi o esplosivi di qualsiasi genere nelle aree protette.
La Cassazione ha detto in più sentenze che viola la legge anche chi porti il fucile smontato all'interno di una zona protetta (sentenze 2652 del 7.8.1995, 30 del 5.1.2000, 2919 del 9.3.2000). In una sentenza ha condannato anche una guardia giurata che aveva portato un fucile nel Parco Nazionale del Gran Sasso 5977 del 22.5.2000); la motivazione è stata che mentre un membro della Guardia Forestale è obbligato a portare l'arma per il proprio servizio, lo stesso non può dirsi di una guardia venatoria volontaria: questa ha solo la facoltà di portare un'arma e quindi deve lasciarla a casa quando è in un parco.
Inutile dire che il poveraccio in questione è stato rovinato per aver solo cercato di tutelare proprio la selvaggina contenuta nel parco!
La stessa norma può applicarsi in modo restrittivo a chi percorra un'autostrada all'interno di un parco, ai camion che trasportano armi, a chi abbia un regolare porto d'armi per difesa e magari risieda in una zona facente parte di un parco.
Per risolvere questo basterebbe interpretare nel modo giusto la legge, affermando il principio che violi la norma chi introduca armi all'evidente scopo di insidiare gli animali presenti nel parco.

Un fondamento a questa interpretazione è contenuto all'inizio dello stesso comma 3 dell'art. 11:"nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat...". Da queste parole è facile capire che le violazioni sono tali se possono mettere in pericolo i beni protetti. Che senso ha sanzionare un tizio che percorra a 130 km/h un'autostrada dalla quale non può nemmeno uscire con nel bagagliaio un fucile da caccia smontato?
Non è però così semplice perchè di fatto ci sono due principi fondamentali:
1) chi ha un'arma deve essere sempre considerato con sospetto;
 2) gli animali selvatici sono protetti in modo molto più duro che non ad esempio i passeggeri di un treno (dove è permesso portare un'arma smontata).
Le sanzioni sono pesanti:"Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 11, comma 3, e 19, comma 3, è punito con l'arresto fino a 6 mesi o con l'ammenda da lire duecentomila a lire venticinquemilioni. Le pene sono raddoppiate in caso di recidiva." a poi aggiunto che il malcapitato non potrà più avere di fatto nessuna licenza di caccia o porto d'armi.

lunedì 26 maggio 2014

La bottiglia Molotov è un'arma da guerra?

La legge distingue tra armi comuni ed armi da guerra.
E' facile comprendere che chi viene trovato in possesso di armi da guerra sia trattato molto più duramente per la pericolosità maggiore.
Conosciamo le bottiglie molotov non tanto per quanto successo nella II Guerra Mondiale ma perché sono state armi usate normalmente negli scontri di piazza.
La Cassazione (sent. 18 febbraio 1977, n. 2945) l'ha classificata come arma da guerra "perché il legislatore con la legge n. 110 del 1975, ha inteso punire chiunque confezioni bottiglie o involucri capaci di cagionare un incendio o una deflagrazione che possa offendere o danneggiare le cose con la vampata, la proiezione di schegge, lo sprigionarsi di gas, ecc.". Sentenza riportata nel Codice delle Armi del giudice Edoardo Mori, pagina 255.

domenica 25 maggio 2014

Si può sparare quando il ladro scappa?

Sappiamo che la legge italiana guarda sempre con un certo sospetto chi detenga un'arma.
Se poi capita addirittura di usarla cominciano i guai seri.
Nel tentativo di applicare giusto concetti si sono creati criteri di difficile interpretazione pratica come l'eccesso di legittima difesa.
Non esiste infatti un criterio semplice dal punto di vista pratico.
Negli USA, esagerando magari in senso opposto, in caso di irruzione di un ladro dentro casa o di tentativo di violenza carnale, si può reagire come si vuole, con l'arma che si ha, anche uccidendo.
In italia occorre che ci sia una certa proporzione tra il bene che si difende ed il danno che viene causato al ladro o rapinatore. 
Esaminiamo un caso pratico, ricordando che una decisione non fa necessariamente "stato" negli altri processi.
Un tabaccaio, rapinato più volte, aveva inseguito per strada i rapinatori ed aveva ferito un rapinatore.
Era quindi stato processato per eccesso di legittima difesa visto che aveva ferito un rapinatore.
La Cassazione ha ritenuto che è lecito difendere i propri beni anche con l'uso delle armi.
Ha ritenuto lecito sparare in aria e successivamente in basso.
Non ha ritenuto giustificato ed imprudente sparare contro l'auto in fuga.
La Corte ha quindi ritenuto che il tabaccaio andava condannato ma per il reato minore di eccesso colposo di legittima difesa; lo ha infatti condannato a venti giorni di reclusione, sostituiti con € 774 di multa.
Si impongono delle riflessioni.
Nella concitazione del momento è difficile pensare a dove sparare e del resto questo lo ha tenuto presente la Cassazione; ha infatti ritenuto che il comportamento del tabaccaio fosse stato nel complesso prudente.
Aggiungo io che sparare in aria contro malviventi magari drogati può significare anche essere uccisi per la reazione.
Altra riflessione è che la condanna, oggettivamente mite, macchierà la fedina penale del tabaccaio. Gli sarà quindi revocata anche la possibilità di tenere un'arma. Come andrà la prossima rapina?
   

giovedì 22 maggio 2014

Un coltello con blocco della lama è un pugnale?

Ci sono dei concetti giurisprudenziali che ci fanno sorridere e soprattutto arrabbiare perché sono assolutamente contrari non solo alla logica ed al giusto diritto ma anche alla vita concreta.
Sentenze come quella di cui parleremo mettono comuni cittadini di fronte alla possibilità concreta di finire in galera senza nemmeno sapere il perché.
Conosciamo tutti quel tipo di coltelli tascabili (tecnicamente a serramanico) la cui lama, una volta aperto, si blocca in posizione.
Sono diffusissimi ed è facilissimo trovarli in negozi come ferramenta o profumerie. 
Se li compriamo nessuno ci chiede documenti o moduli da firmare. Tanto meno ci avvisano di possibili problemi giudiziari.
La Cassazione ha esaminato il caso di una persona trovata in possesso di un coltello di quel tipo con la sentenza 33604/2012 (sez. feriale penale, 33604 del 30 agosto 2012).
Ha ritenuto che il coltello dovesse essere considerato non uno strumento atto ad offendere (come un normale coltello da cucina) ma un'arma vera e propria.
Leggiamo la motivazione:
"Il coltello in questione era del tipo a serramanico, con un meccanismo di blocco della lama, con il che corretto è stato l'inquadramento normativo della fattispecie nell'ipotesi di cui all'art. 699 cod. pen.: è infatti stato affermato che rientra nella categoria delle armi proprie non da sparo, o "bianche", il coltello che, pur non essendo a scatto, presenta una lama che diventa fissa alla fine del percorso manuale d'estrazione, con le caratteristiche proprie del pugnale, tanto che la successiva chiusura necessita di un meccanismo di disincaglio. Il porto di tale strumento integra non già il reato p. e p. dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, commi 2 e 3, bensì la più grave fattispecie criminosa di cui all'art. 699 c.p., comma 2, (Sez. 1^ 27.3.2008, n. 16685)."
E' stato di fatto applicato il secondo comma dell'art. 699 perchè non è prevista una licenza che permetta di portare fuori casa un pugnale. La licenza è invece ammessa per pistole o bastoni animati. Il pugnale è stato da sempre infatti considerato un'arma insidiosa.
Di fatto se si porta a spasso un tagliente ed appuntito coltello da cucina con la lama da 20 cm si risponde di un reato meno grave, il porto ingiustificato di un oggetto atto ad offendere.
Questo è il testo dell'art. 699 del codice penale.
"Articolo 699. Porto abusivo di armi. Chiunque, senza la licenza dell’Autorità, quando la licenza è richiesta, porta un’arma fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, è punito con l’arresto fino a diciotto mesi. Soggiace all’arresto da diciotto mesi a tre anni chi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un’arma per cui non è ammessa licenza. Se alcuno dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti è commesso in luogo ove sia concorso o adunanza di persone, o di notte o in luogo abitato, le pene sono aumentate."
Finalmente questo indirizzo è stato modificato dalla Cassazione. Vedere il post http://leggearmi.blogspot.it/2014/05/il-coltello-con-chiusura-blocco-e-una.html

E' lecito portare un coltellino multiuso in auto?

Pensiamo al caso di porta in auto il classico coltellino svizzero multiuso.
E' vero che c'è una lama, piccola ma insieme ci sono altri utensili.
Quel tipo di coltellino o di utensile è la classica arma impropria secondo la legge 110 del 18 aprile 1975; si tratta di un oggetto che è stato creato per essere un utensile ma può ben essere usato come un'arma.
Altro esempio è un coltello da cucina.
Le armi improprie sono concettualmente diverse dalle armi vere e proprie, oggetti creati specificatamente per servire come armi.
L'art. 4 della legge 110/75 dice che detti oggetti possono essere portati fuori dall'abitazione quando ciò sia giustificato da particolari esigenze. Penso ad esempio all'accetta portata in auto perchè si sta andando nel bosco a tagliare la legna; lo stesso è per il cacciavite quando si va a fare una riparazione4. 
E' lecito il porto dello stesso coltello quando si va a caccia o a fare una escursione in montagna.
Non basta però una necessità generica; non basta dire:"Porto il coltellino multiuso perché potrebbe servirmi".
Occorre che ci sia una necessità specifica e ben determinata.
In questo senso è stata molto chiara la sentenza n. 7331 del 14.2.2013 della 1 sezione penale della Corte di Cassazione. Per la Corte:" il “giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui al Legge 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4, comma 2, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione dell’oggetto, (da ultimo Sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008 – dep. 29/01/2008, Genepro, Rv. 238946)."
Quindi portare in auto un bastone, ad esempio, può sempre procurarci un bel processo penale!

Vado in galera se mia moglie si suicida con la mia pistola regolarmente denunciata?

Il tribunale di Avellino (GUP Riccardi, 23.2.2011) ha risolto un caso molto interessante. La moglie si era uccisa utilizzando la pistola del marito.
La pistola era regolarmente denunciata e custodita in un armadio in camera da letto, con le munizioni.
Al marito era stata contestato che avesse agevolato colposamente il suicidio della moglie.
Era quindi in discussione se si dovessero applicare l'art. 589 del codice penale (omicidio colposo) o l'art. 580 (agevolazione del suicidio).
Il Giudice dell?Udienza Preliminare dott. Riccardi ha assolto l'imputato sotto due profili.
Il primo è che non poteva essere colpevole di agevolazione del suicidio perché tale norma si riferisce a chi aiuti un suicida volontariamente. E' ad esempio applicabile a chi consegni una pistola ad un malato di tumore che voglia suicidarsi (e la consegni capendo che vuole porre fine alla propria vita).
Il secondo è forse più interessante.
Si può infatti pensare che il non tenere una pistola in cassaforte possa aver aiutato la donna ad uccidersi. 
Se la pistola fosse stata ben chiusa, con la chiave tenuta dal marito, la donna non avrebbe potuto prenderla ed usarla.
Sembrerebbe quindi logica la condanna per omicidio colposo (art. 589 c.p.).
Il Tribunale ha invece ritenuto che l'aver lasciato la pistola a disposizione della moglie (o di altri familiari) sia una concausa ma non l'unica causa del suicidio. In altre parole il suicidio è avvenuto per la decisione della moglie di uccidersi. Avrebbe potuto benissimo farlo anche con il gas, barbiturici o buttandosi dalla finestra.
L'uomo è quindi stato assolto.
Presupposto della decisione è stato che la vittima fosse una persona con normale capacità di autodeterminazione.
L'imputato non è stato nemmeno condannato per negligente custodia di armi (art. 20 legge n. 110/1975).
Si è infatti ritenuto che il tenere l'arma in un armadio chiuso nella propria camera da letto sia sufficiente, proprio perché l'abitazione e la camera da letto sono normalmente frequentate solo dai familiari.
In conclusione, a parte i complimenti all'avvocato che ha difeso l'imputato ed alla sensibilità del giudice, farei altre riflessioni.
Ritengo che l'indagato non sia stato certo felice nello scoprire che la moglie ha usato proprio la sua arma per uccidersi.
Nello stesso tempo, pur in presenza di una sentenza di assoluzione, la questura potrebbe sempre negare al medesimo la possibilità di tenere armi. La facoltà di tenere armi (e di portarle) non è infatti un diritto ma una facoltà che viene concessa solo quando l'amministrazione, nella sua discrezionalità, abbia garanzie massime di retto comportamento (vedasi ad esempio la sentenza 1935/2008 del TAR dell'Emilia Romagna).
Infine altri giudici avrebbero potuto benissimo condannare la stessa persona e comunque c'è stato un processo.
Considerando la spesa irrisoria dell'acquisto di una cassaforte da muro è sempre più prudente custo 
dire la propria pistola ben al sicuro.

Se hai un'arma non funzionante la devi denunciare?

Capita a molti di avere tra le vecchie cose armi appartenute a genitori o nonni, non funzionanti.
Capita anche che la loro detenzione non sia denunciata.
La giurisprudenza ha ritenuto più volte (da ultimo il Tribunale di Avezzano, sez. penale,  30 settembre 2011, Giud. Venturini) che un’arma non funzionante non sia penalmente rilevante.
Di conseguenza non esiste l’obbligo di denuncia all’autorità.
Ovviamente per arma non funzionante si intende un’arma non facilmente riparabile.
Per evitare pericolose illusioni, vogliamo sottolineare che la sentenza sopra indicata (si riferiva ad un vecchio fucile a canne mozze cal. 12) è stata emessa alla fine di un processo penale.
Questo significa che la persona che alla fine è stata assolta è stata indagata, imputata, ha dovuto pagare un avvocato, ha subito un processo penale (con tutti i danni conseguenti). Solo alla fine è stato assolto ma, sicuramente per anni, ha subito tutte le conseguenze negative di un processo penale).
Quindi attenzione … meglio denunciare magari un’arma in più, meglio far risultare con certezza la situazione invece di correre il rischio di un processo.