sabato 14 giugno 2014

Posso difendere la mia proprietà con le trappole?

Le trappole rientrano nella categoria giuridica degli offendicula (termine latino).
Si tratta di tutti quei meccanismi che posso aiutare a proteggere la proprietà, dai vetri rotti sul muro alle vere e proprie trappole (tipo Vietnam).
La dottrina giuridica ha inquadrato tali mezzi nella legittima difesa.
La giurisprudenza ha invece inquadrato gli offendicula come un aspetto della dell'esercizio di un diritto (art. 51 codice penale).
Quando però tali mezzi sono concretamente leciti?
La prima considerazione è che non devono causare incidenti, magari a persone che non c'entrano nulla (tipo il postino o i vigili del fuoco o un vicino).
Per questo sono sicuramente leciti i vetri rotti sulla sommità di un alto muro.
In generale si dovrebbe anche avvisare del pericolo per chi entra in modo non autorizzato.
Occorre poi che ci sia un certo equilibrio tra quello che si protegge, il diritto che si protegge e il danno che si infligge all'eventuale ladro.
E' quindi difficilmente ammissibile e potrà portare ad una incriminazione per omicidio volontario il mettere un fucile caricato a pallettoni in modo che spari quando si apre la porta.
Saranno sicuramente ammissibili trappole che procurino danni limitati o fastidi (nei limiti in cui si sia avvistai del pericolo).
Anche la presenza di un cane aggressivo può essere considerata in questo quadro. Va quindi bene il cartello classico che avverte della presenza di un cane da guardia.
Vanno bene degli allarmi di tipo non convenzionale o magari meccanismi che mandino segnali acustici particolari o voci.
Sono sicuramente proibite delle buche con le punte tipo guerra nella giungla.
Potrebbe essere ammissibile una trappola che blocchi il ladro senza ucciderlo o danneggiarlo gravemente. Mi viene in mente il laccio che prende il piede e solleva.
C'è chi ha sostenuto, abbastanza giustamente, che non sta al giudice valutare il diritto ma questa tesi non è certo condivisa dalla giurisprudenza.
I concetti di fondo sono questi. Qualcosa si può fare ma sempre con la massima prudenza e la massima considerazione degli interessi in gioco.

sabato 7 giugno 2014

Vengo arrestato se porto il fucile e non ho pagato le tasse?

Un'altra vecchia questione è quella della validità della licenza se non si paga la tassa.
In altri termini, se non si è pagata la tassa:
* si può trasportare il fucile?
* si possono acquistare munizioni?
* si può andare a caccia?
* posso andare a caccia all'estero?
* posso usare il fucile per il tiro a volo?
La vecchia soluzione, ritenuta ancora valida da moltissimi, compresi tanti armieri, è che se non si paga la tassa la licenza  non è valida. Di conseguenza non si potrebbe fare nulla di quanto sopra elencato.
Il fucile dovrebbe rimanere chiuso nell'armadio.
Così era fino al 1995.
Con il D.M. 28.12.1995 le cose sono cambiate.
Nel decreto leggiamo, art. 5, che:"... la tassa deve essere pagata, per ciascun anno successivo a quello di emanazione, prima dell'uso dell'arma e non è dovuta per gli anni in cui non se ne fa uso.
... 3. Per l'omesso pagamento delle tasse di cui al comma 1, si applica la sanzione amministrativa da € 155 a 930 (L. 11.2.1992, n. 157, art. 31)."
Queste sanzioni sono poi state modificate (per l'esercizio della caccia) dalla legge 157/1992 (art. 31) e diventano da  € 154 ad € 929. In caso di recidiva da € 258 ad € 1.549.
Nel caso della licenza di caccia, se si va a caccia senza pagamento, sarà solo applicata la sanzione amministrativa sopra indicata.
Per tutti gli altri aspetti, trasporto, acquisto munizioni, etc, la licenza varrà come una licenza di tiro a volo.
Per la caccia all'estero sarà perfettamente valida.
Se si usa il fucile, se si porta, per difesa, la sanzione sarà amministrativa, dal cento al duecento per cento della tassa evasa (art. 8, D.L. 18.12.1997, n. 473).

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Sul pagamento della tassa per la licenza di caccia

La licenza di porto di fucile ad uso di caccia, come quella per tiro a volo, è soggetta al pagamento della tassa di concessione governativa.
La licenza di caccia è valida sei anni, Il primo anno va pagata di fatto la tassa perché altrimenti la licenza non viene rilasciata.
Negli anni successivi, se non si usa la licenza, si può tranquillamente non pagare la tassa. La licenza rimane perfettamente valida anche se non utilizzabile.
Altra questione è quella del fatto che il pagamento andrebbe fatto sempre dopo la scadenza perchè altrimenti varrebbe solo per l'anno in cui è stato fatto.
In altri termini, se la licenza scade il 30 aprile che chi dice che se viene pagata la tassa il 24 aprile questa scadrà comunque il 30 aprile. 
Non è così ma per evitare equivoci è sempre preferibile indicare sul bollettino postale il periodo a cui si riferisce il pagamento.
Nell'esempio di sopra,   sarebbe bene scrivere "licenza di caccia fucile a tre colpi anno 2014/2015" oppure "dal 1.5.14 al 30.4.15".

mercoledì 4 giugno 2014

Se ti hanno trovato ubriaco alla guida puoi avere un porto d'armi? Che fare?

La Questura deve valutare l'affidabilità di una persona prima di concedere una autorizzazione relativa alle armi. La legge richiede che si sia ragionevolmente sicuri che il soggetto non usi le armi in modo improprio.
A questo proposito è evidente che una persona che è stata trovata alla guida in stato di ebbrezza non fa certo una buona impressione.
La giurisprudenza si è occupata spesso di questo.
E' comunque prassi abbastanza diffusa, per le Questure, negare il porto d'armi a chi sia stato trovato ubriaco alla guida.
Esistono però importanti sentenze a favore dei "bevitori". Il principio di fondo è che non si possa valutare l'inaffidabilità di fondo sulla base di una ubriachezza isolata, occasionale, che sia avvenuta molto tempo prima.
Il TAR Tribunale Aministrativo Regionale della  Toscana (Firenza, sez. 2, sent. 29.8.2011 n. 1329) ha ritenuto che:
* in linea astratta anche un isolato episodio di ubriachezza o consumo di stupefacenti può far ritenere il richiedente inaffidabile all'uso delle armi;
* nello stesso tempo bisogna valutare quando sia avvenuto quell'unico episodio. Più è lontano nel tempo e meno se ne può tenere conto.
Riteneva quindi che al richiedente (trovato ubriaco alla guida un anno e nove mesi prima) potesse concedersi la licenza di tiro a volo.
Ancora più elastico si è dimostrato il TAR di Bolzano (sent. 9.1.2008 n. 1) per il quale un occasionale stato di ebbrezza (senza riferimenti al tempo) non

può essere di per se' idoneo alla revoca del porto d'armi e nemmeno a vietare la detenzione di armi, munizioni ed esplosivi.
Del resto, in pratica possiamo pensare ad una persona che si ubriachi una sola volta nella vita e sia talmente sfortunato da essere fermato proprio quella volta...
Dal punto di vista pratico, qualora ci fosse negato o revocato il porto d'armi, si potrà ottenere lo stesso l'autorizzazione impugnando il tutto davanti il Tribunale Amministrativo Regionale. Le basi ci sono e i principi di queste sentenze sono applicabili a casi simili

lunedì 2 giugno 2014

Se portiamo l'arma nella casa di villeggiatura dobbiamo denunciarla di nuovo?

Che cosa accade quando si porta il fucile da caccia per un periodo di tempo nella casa di villeggiatura o comunque in un'altra località?
E cosa accade quando la fa un titolare di licenza per tiro a volo e porta una pistola da tiro nella casa di villeggiatura?
Si tratta di un trasferimento temporaneo e viene quindi di pensare che non si debba denunciare di nuovo la detenzione del fucile. Si è già dichiarato che abbiamo acquistato quell'arma particolare nel domicilio di residenza e non abbiamo cambiato residenza.
Per risolvere il quesito dobbiamo avere riferimento ad un principio generale stabilito dalla giurisprudenza.
Si è ritenuto che il senso della norma sulla denuncia di possesso delle armi sia anche quello di permettere in qualsiasi momento all'autorità di PS di sapere dove sono . Questo sia per esigenze legate alla persona del proprietario (come un controllo o un eventuale ordine di sequestro) sia per quelle che potrebbero essere esigenze nazionali (come una disposizione in tempo di guerra, ad esempio, di requisizione delle armi dei privati).
Chiarito questo è facile capire che  per la giurisprudenza non è necessario fare una denuncia quando si va per qualche giorno a caccia in un'altra regione, ad esempio.
E' però necessario farlo quando il trasferimento dura un "apprezzabile" periodo di tempo, per essere restrittivi diciamo comunque 72 ore. 
Una sentenza della Cassazione (sez. I penale, 20.10.1984 n. 8843) ha ritenuto condannabile ai sensi degli artt. 58 e  221 T.U.L.P.S. un signore che aveva portato per un mese il fucile da caccia nella casa di campagna.
Dal punto di vista pratico che fare?
Nel caso in esame se si fosse trattato magari di un paio di giorni non sarebbe accaduto nulla. Il discrimine è quello delle 72 ore previste per l'obbligo di denuncia.
Dal punto di vista teorico si può distinguere il caso di chi porti un'arma per usarla (cacciatore che fa una battuta di caccia, anche se per diversi giorni o tiratore che partecipa ad una gara) da chi abbia semplicemente spostato il luogo di detenzione dell'arma. Questo può essere il caso del tiratore che (potendo trasportare la pistola per la sua licenza) l'abbia semplicemente spostata per non lasciarla, ad esempio, per più giorni nella casa di residenza rimasta vuota. In questo secondo caso scatta sicuramente l'obbligo di denuncia entro le 72 ore.
Questo è il criterio interpretativo più valido. 
Ovviamente starà al pubblico ministero dimostrare che il trasferimento è avvenuto da più giorni quando il proprietario lo neghi.
Dal punto di vista pratico il tutto sarebbe più semplice se venissero adottati sistemi di denuncia semplificati. Non è un piacere nemmeno per Carabinieri e Polizia ricevere un mucchio di denunce per trasferimenti di pochi giorni, dover compilare l'apposito registro etc. Sarebbe ad esempio più semplice stabilire che si possa fare un fax o una pec al comando e che queste denunce temporanee possano essere registrate o custodite in maniera semplificata.  Anni fa nel sito della Polizia di stato si leggeva che la denuncia di possesso di armi, in caso di urgenza, poteva anche essere fatta per fax. Inutile dire che i Commissariati in pratica non hanno accettato tale modalità, ritenendola inidonea.

domenica 1 giugno 2014

Le spacconate ti possono far perdere il porto d'armi?

Si è detto che più volte che bisogna approcciarsi con le Forze dell'Ordine in maniera calma e controllata.
Questo è valido in generale ma ancora di più per chi ha o vuole delle autorizzazioni in materia di armi.
Il Consiglio di Stato si è occupato del caso in cui ad un soggetto era stato revocato il porto d'armi (sent. 22 ottobre 2009, sezione VI, proc. 6477/2009, 6119/2006 reg. ric.). La motivazione era che l'uomo era stato trovato in stato di ebbrezza. A questo si è aggiunto che il giorno dopo era andato in caserma a protestare veementemente ed in modo aggressivo.
Il Consiglio di Stato ha sostanzialmente motivato che non può essere concesso l'uso delle armi a chi non sappia moderare la propria aggressività. Il fatto che il ricorrente non ci fosse riuscito nemmeno durante un colloquio con la Polizia era un indice negativo della sua assente capacità di equilibrio.
Queste le parole del Consiglio di Stato:
"Ora, l’uso e la detenzione di armi e materiali esplodenti può essere assentito a favore di soggetti in grado di controllare normalmente le proprie emozioni, sì da non farne temere un abuso nell’utilizzazione degli stessi; ma, di fronte a ma nifestazioni di non repressa animosità anche “a freddo”, dallo stesso appellante definite come spacconate”, non appare illogico che l’amministrazione (salvo riesame in caso di futura richiesta in tal senso), per condivisibili motivi cautelativi, abbia adottato le contestate misure inibitorie, la tutela della pubblica
incolumità giustificando queste ultime in presenza di una situazione di rischio legata all’accesa e non sufficientemente controllata animosità dimostrata dall’interessato nella specie; e ciò al condivisibile fine di evitare alcun rischio di abuso che i recenti fatti avrebbero potuto, non irragionevolmente, innescare e che, ove poi si fossero concretizzati, avrebbero coinvolto la responsabilità degli stessi funzionari interessati, anche di fronte alla collettività."
La conclusione è che le "spacconate" possono farci perdere il porto d'armi. Del resto, come si fa a dare un'arma a chi alla prima banale lite potrebbe tirarla fuori e sparare?

La balestra è un'arma? Si può portare fuori casa?

La balestra è nata come arma e come tale è stata usata per secoli.
Le moderne balestre hanno una capacità offensiva molto alta e molto maggiore quelle antiche.
Una balestra si può acquistare tranquillamente, anche per corrispondenza.
Il problema sorge quando ci si chieda se oggi sia un'arma e se di conseguenza vada denunciato il suo possesso e occorrano particolari autorizzazioni per portarla fuori casa.
Il tema è stato affrontato più volte dalla Cassazione ed in modo costante. Significative sono le sentenze 310 del 21.1.1997 e 4331 del 10.5.1997.
In queste sentenze la balestra viene vista come un oggetto ingombrante, difficile porto e di ardua maneggevolezza, incompatibile con i concetti di arma moderna. Inoltre è da moltissimo tempo che non viene più usata con lo scopo principale di "offendere" esseri umani.
Almeno non viene usata come arma - aggiungiamo - più dei coltelli da cucina.
La Cassazione ha quindi ritenuto che non sia un'arma ma un oggetto atto ad offendere (come un cacciavite o un coltello da cucina).
Il suo porto non è quindi punito dall'art. 699 codice penale (che si riferisce alle armi vere e proprie) ma dall'art. 4 della legge 110/1975.
Il Ministero dell'Interno, con la circolare n. 559/C.22590.101179(17) 1-582-E-95 del 16 dicembre 1995 ha dichiarato che le balestre ed i loro dardi sono da considerare "armi improprie" vale a dire oggetti atti ad offendere.
Per essere chiari questi non significa affatto che si possa andare tranquillamente in giro con una balestra in macchina, carica o meno. Se non si ha un motivo giustificato (come ad esempio un trasferimento o il recarsi in campagna per usarla per tiro a segno)  si è puniti ai sensi dell'art. 4 della legge 110/1975.