lunedì 15 febbraio 2016

I precedenti penali e la concessione del porto d'armi. Sentenza 1072 del 29 gennaio 2015.

Il problema è quello dei requisiti che devono sussistere per la concessione del porto d'armi.
La sentenza 1072 del 29 gennaio 2015 ha ribaltato la precedente sentenza (sempre Consiglio di Stato) del 16 luglio 2014.
La sentenza del 2014 era gravissima perché modificava in modo peggiorativo la concessione del porto d'armi a chi avesse avuto precedenti penali.
Diceva infatti che la licenza andava negata "automaticamente" a chi avesse avuto precedenti. Questo era contro il criterio precedente per cui l'Autorità di PS aveva il potere discrezionale di decidere, in base  all'esame particolare di ogni situazione.
Ancora più grave è che venisse negata efficacia alla riabilitazione.
La riabilitazione è quel procedimento legale per cui dopo che un condannato ha scontato la pena, risarcito il danno e dato prova di aver cambiato vita, si può dichiarare riabilitato  con la cessazione di ogni effetto penale della condanna.
La sentenza del 16 luglio 2014 (e l'orientamento della circolare del Ministero degli Interni del 28 novembre 2014, 557/LEG/225.00) sosteneva che i precedenti penali impedissero la concessione del porto anche a chi fosse stato condannato decenni fa e fosse stato riabilitato.
A seguito della circolare e della sentenza del 2014 si era arrivati a revocare la licenza di caccia a chi la aveva da decenni ma aveva riportato una condanna minina trent'anni prima.
La Costituzione ed in genere una concezione un minimo moderna ritengono che lo scopo della pena sia rieducare il colpevole. Quindi quando lo stesso Stato ha detto che il reo ha scontato la condanna, ha risarcito il danno, ha dato prova di aver cambiato vita e deve essere riabilitato, non si vede proprio perché questo non debba valere per i funzionari del Ministero degli Interni.
Fa piacere quindi che il Consiglio di Stato, dopo l'assurda decisione del 2014, abbia saputo tornare sui propri passi in tempi veloci, prima che fossero combinati troppi guai.
Il TAR della Puglia e quello del Piemonte avevano già emesso sentenze sulla linea dell'ultima del Consiglio di Stato. 
Riporto di seguito gli artt. 11 e 43 del TULPS
Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione.


Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi.


  

venerdì 12 febbraio 2016

TAR Romagna. Ingiusto levare il porto d'armi per una lite in famiglia.


Il caso è questo: il Comando della Stazione della Guardia Forestale di Zocca aveva proposto il ritiro della licenza di porto di fucile per uso di tiro a volo. 
La motivazione era che il titolare della licenza aveva litigato violentemente con la moglie.
A questa lite non erano seguite querele o simili e i coniugi si erano riappacificati.
Il Questore di Modena aveva tuttavia disposto la revoca della licenza.
Il titolare si era opposto alla revoca con un ricorso al TAR per l'Emilia Romagna.
Il TAR (sentenza sezione I, n. 444 del 7.5.2015) ha deciso che la revoca era illegittima ed ha annullato la revoca.
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha motivato dicendo che si era trattato di una lite occasionale e di poco conto, tanto è vero che non c'erano state querele da parte della moglie.
E' vero che per l'art. 43 del TULPS, comma 2, il rilascio di una licenza in materia di armi è ampiamente discrezionale ma esiste una misura per cui la discrezionalità non può tramutarsi in arbitrio.
Il provvedimento dell'autorità di PS deve sempre avere il requisito della ragionevolezza.
Si può quindi ritenere consentito che un titolare di licenza in materia di armi litighi in famiglia, occasionalmente.
Da questo non può nemmeno dedursi che siccome ci sono stati dei fatti di cronaca in cui a liti in famiglia sono seguiti omicidi, è opportuno prudenzialmente revocare il porto d'armi in modo che il Questore non possa in seguito essere accusato di aver trascurato i suoi doveri. IL TAR ha specificatamente parlato dell'illegittimità di un uso "difensivo" della normativa da parte dell'autorità (difensivo al fine di evitare critiche successive).
A quanto stabilito dalla sentenza, aggiungo che - considerati i guai che ha avuto il marito litigioso - se non si litiga è meglio. :)


venerdì 5 febbraio 2016

Tirapugni, manganelli e storditori elettrici e simili si possono acquistare e detenere liberamente?

E' capitato anche a me di sentire un armiere dire che poteva vendermi un tirapugni e che avrei potuto tenerlo in casa senza denunciarlo.
Il ragionamento non convince e per capirlo bisogna tornare alla distinzione tra armi ed oggetti atti ad offendere.
Un oggetto è atto ad offendere quando, pur non essendo un'arma, può diventarlo. E' ad esempio difficile pensare che non una piuma di merlo si possa uccidere qualcuno.
E' invece notorio che un martello o un cacciavite diventano facilmente armi letali.
Un martello o un cacciavite non nascono per essere armi ma per fare tutt'altro.
Un tirapugni invece nasce per sfasciare la faccia alla gente o per risultati simili.  Un bastone può essere usato per sfondare un cranio o rompere un ginocchio ma non nasce per questo o è comunque utilizzabile per mille scopi diversi.
Un manganello estensibile nasce per picchiare, punto.
E' quindi logico che ci siano regimi giuridici diversi.
Per comprare un tirapugni, uno stiletto, un manganello, una sciabola e simili,  si deve avere un porto d'armi.
Anche ammesso che si riesca a comprarli senza averlo, il loro possesso va denunciato alla PS o ai Carabinieri.
Non esiste poi una licenza di porto d'armi per un tirapugni... quindi non è lecito in ogni caso portarli fuori dalla propria abitazione.
Mentre poi ci sono dei limiti nella detenzione delle armi da sparo (tre per le comuni, sei per le sportive etc) non esistono limiti numerici di detenzione. Si possono quindi avere anche mille tirapugni, sciabole e pugnali.