mercoledì 5 ottobre 2016

Una cassetta cassaforte con combinazione basta per custodire una pistola? Revoca autorizzazione a detenere armi.

Abbiamo scritto più volte che la legge non prevede esplicitamente l'obbligo di custodire le armi in cassaforte ma che era prudente farlo.
Un caso molto particolare è quello di quelle piccole cassaforti con combinazione per la custodia di una pistola.
Si tratta di una cassaforte a tutti gli effetti ma non è assolutamente sufficiente.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 3087 del 12 luglio 2016.
Il caso particolare era questo.
Il proprietario della pistola la custodiva in una cassetta con combinazione nel comodino. La cassetta non era fissata al muro.
Il proprietario della pistola aveva subito un furto. Dopo il furto Questura e Prefettura gli avevano notificato il divieto di detenere armi e la revoca del porto di fucile ad uso di caccia.
C'è stato un ricorso al TAR e poi un appello al Consiglio di Stato. Entrambi hanno però dato ragione alla Questura.
Il Consiglio di Stato ha stabilito che questo modo di custodire un'arma non è idoneo perché un comodino è un elemento di arredo (non di sicurezza) e perché qualsiasi dispositivo di sicurezza custodito in quel modo può essere tranquillamente asportato, anche senza forzarlo. Che senso ha usare acciaio e super serrature se il ladro può tranquillamente prendere il tutto e portarlo via per aprire con tutto comodo?
Personalmente ritengo che la sentenza sia giusta anche se con precisazioni necessarie.
La custodia sarebbe stata legittima ad una di queste due condizioni: il comodino avrebbe dovuto essere un mobile blindato o comunque robusto e difficile da aprire oppure la cassetta avrebbe dovuto essere fissata saldamente al muro.
Il custodire una pistola come ha fatto il malcapitato può essere utile al massimo  per impedire che ci giochino i bambini ma non certo per impedire il furto dell'arma.
Ovviamente l'arma sarebbe mal custodita lo stesso se la cassetta fosse fissata al muro in modo precario, in modo tale che si possa asportare con un pò di sforzo ma nulla più. In pratica l'unico modo serio per custodire un'arma è una robusta e pesante cassaforte ben fissata al muro.
Noi cacciatori ed amanti delle armi siamo abituati a lamentarci ma non bisogna mai dimenticare che le armi non sono giocattoli e bisogna impedire che vadano a finire a delinquenti o altri malintenzionati.
Qualche volta le questure hanno ragione ...

venerdì 8 luglio 2016

Se il convivente ha precedenti penali ci possono negare il porto d'armi?


Il Consiglio di Stato (supremo organo giurisdizionale amministrativo) ha esaminato un caso molto comune, con la sentenza del 7.12.2015 n. 5542.
Che cosa accade infatti quando noi siamo cittadini ligi alle leggi, non abbiamo precedenti e nemmeno abbiamo mai avuto problemi che pur non sfociando nel penale possano far pensare che non siamo cittadini perfetti MA abbiamo nella nostra abitazione un convivente (familiare o no) che ha precedenti penali?
Appare come una ingiustizia ma di fatto accade che il porto d'armi possa esserci negato.
Ai precedenti penali aggiungiamo anche il caso di un convivente che abbia fatto uso di sostanze stupefacenti.
La prassi di alcune questure, almeno nei casi meno gravi, è quella di diffidare il titolare del porto ad usare il massimo delle precauzioni nella custodia delle armi, in modo che sia impossibile che ne venga in possesso il convivente.
Altre questure invece ritengono che il porto d'armi (o il permesso di detenzione) debbano automaticamente essere negati.
Il Consiglio di Stato ha da una parte, in linea generale, ritenuto valido l'indirizzo per cui il porto d'armi può essere negato in questi casi.
Ha però aggiunto - questa è la parte fondamentale - che vada esaminato caso per caso.
Secondo la Corte è necessario che il Prefetto indichi con precisione quali siano gli indizi che possono far ritenere che l'affidabilità personale del titolare di porto d'armi possa scemare a causa della presenza del convivente.
Non è più quindi un effetto automatico ma bisognerà valutare tutte le circostanze.
Ad esempio sarebbe rilevante la presenza di un clima di conflittualità con il convivente pregiudicato.
Nel caso esaminato dal Consiglio, si è ritenuto che mancassero indizi precisi sulla possibilità concreta di abusi; si è quindi stabilito che il porto d'armi fosse concesso (o più precisamente si è revocato il diniego alla concessione).
Questa decisione è importante anche per un altro motivo.
Nel mondo dei cacciatori, tiratori, amanti delle armi in genere esiste spesso un atteggaimento di sudditanza sostanziale per cui nemmeno si pensa che il parere della questura o del prefetto o dei carabinieri possano essere contestati.
Capita quindi che si accettino con dolore decisioni abnormi.
La realtà è diversa ed esiste sempre la possibilità di ottenere ragione facendo revocare una decisione ingiusta.

lunedì 2 maggio 2016

Si può portare la pistola in giardino senza porto d'armi?

Chi ha delle armi denunciate ma non ha il porto d'armi può mettere la pistola in fondina e girare armato in giardino?
Il concetto di fondo è quello che chi ha legalmente un'arma, bianca o da fuoco, possa portarla all'interno della propria abitazione o delle sue appartenenze.
Questo vale per un tirapugni, un pugnale, una pistola carica, etc.
Le norme (art. 669 c.p., art. L. 895/1967, art. 4 L. 110/1975) affermano che si possa portare anche nelle "appartenenze" dell'abitazione.
In questo c'è la facoltà interessante ma anche il problema: cosa sono le appartenenze?
Le appartenenze / pertinenze, per l'art. 817 del c.c. sono: "le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa."
In pratica si tratta del giardino o del cortile di una villetta.
Sul giardino e sul cortile siamo tutti d'accordo.
La Cassazione ha detto che non può essere pertinenza di una abitazione una autovettura (Cass. IV pen., 21 aprile 1965, n. 351); è lecito portare una pistola in cortile (Cass. II pen., 2 maggio 1969, n. 2555); non si può tenere un'arma nelle scale condominiali o nel pianerottolo (Cass. V pen., 4 dicembre 1980, n. 12486, Cass. II, 30 gennaio 1982, n. 979).
Interessante è la sent. Cass. sez. VI, 7 dicembre 1972, n. 8116, per la quale è lecito tenere un'arma in un atrio, ove si  svolga la vita domestica, anche se non completamente chiuso agli estranei.
Ovviamente queste interpretazioni vanno correlate con l'altra normativa per la quale non si potrà certo lasciare una pistola su un tavolo nell'atrio di cui sopra (non chiuso agli estranei).
Va ben capito poi il concetto di pertinenza che è ben distinto da quello di vicinanza (Cass. sez. VI pen., 6 giugno 1968, n 517; Cass. VI pen., 29 gennaio 1970; Cass. VI pen., 13 novembre 1972, n. 7575).
Abbiamo fatto il caso del giardino di una villetta, diciamo 300 metri quadri intorno la casa, con recinzione e cancello. Qui è lecito portare un'arma.
Cosa accade se invece intorno alla casa c'è una tenuta agricola di 30 ettari?
Anche se la tenuta è recintata e chiusa agli estranei c'è il concetto di vicinanza con l'abitazione (magari fabbricato agricolo) ma non quello di pertinenza.
Il giardino di cui sopra è in effetti una sorta di prolungamento dell'abitazione, la tenuta ha una sua valenza autonoma, economica ed affettiva.
Dal punto di vista pratico è sempre importante la famosa prudenza.
Spetterà poi forse all'avvocato argomentare che 20.000 metri ad alberi ornamentali e fiori sono l'appartenenza della villa ma è sempre meglio evitare il processo (parola di avvocato ... :) ).
Va anche da se' che il fatto di poter tenere la pistola in tasca in giardino, non significa che si può indossare la mimetica e fare esercitazioni davanti i passanti con alzabandiera e simili... Lo dico quasi scherzando ma in questi casi l'autorità di PS potrebbe ritenere che il proprietario dell'arma non dia garanzie psicologiche per la corretta custodia delle armi.



domenica 10 aprile 2016

Sempre le foto su facebook: nei guai un ventisettenne per una foto "spiritosa"...

Si collega a quanto scritto nel mio post precedente. La foto è stata tratta dall'edizione di oggi del quotidiano on line Cremona Oggi.
L'interessato ha pubblicato una sua foto con passamontagna e due fucili da caccia imbracciati.
Le dita erano sui grilletti. Alle foto erano aggiunti commenti definiti "provocatori" e video.

Pare che la polizia sia arrivata al suo post con un controllo generico in rete.
Di fatto il 27enne ha subito una perquisizione; nel corso di questa sono state trovate delle foto di cartelli e carcasse di auto forate da proiettili e forse un cartello. Sono stati trovati e dei proiettili un eccesso sul totale denunciato., pare
Come conseguenza è partito un procedimento e sono state ritirate le armi.
E' evidente che pubblicare una foto del genere è di pessimo gusto.
Al di là di questo ci sono diversi aspetti da discutere.
Il primo è quello relativo al maneggio delle armi. 
Il fatto che l'uomo avesse le dita sui grilletti dimostra una scarsa considerazione delle regole di prudenza. Un vecchio detto dice che l'arma pericolosa, quella che uccide, è quella "scarica".
Un altro aspetto è quello generale comportamentale. Pur essendo finiti se non si potesse scherzare... rimane che la prudenza, la coscienza e la legge ci impongono di maneggiare le armi e approcciarsi ad esse con estrema prudenza.
Il pubblicare una foto con il volto celato e con le armi in mano fa pensare.
Diverso sarebbe il caso se si fossero usate delle armi giocattolo (e spero che così sia avvenuto, da avvocato, nel caso specifico). Non ci sarebbero certamente i problemi relativi alla scarsa prudenza con cui si manovrano le armi ma rimarrebbe che un comportamento del genere fa dubitare la Questura sui requisiti psicologici per il rilascio del porto d'armi.
Ricordo che anche il litigare con la polizia, alzando la voce, a tutela di un proprio diritto è stato considerato come segno di scarso equilibrio, con conseguente revoca della licenza di caccia.
Per guidare un'auto tutte queste cose non vengono richieste ma chi ha il porto o la detenzione di armi deve essere una specie di super uomo, equilibrato in massimo grado, uno che evita anche la lite per un sorpasso. Gli amanti delle armi lo sanno bene ed in linea generale è giusto. Tuttavia va sempre considerato con attenzione il caso concreto.
Esiste poi infine l'aspetto "pratico".
Tutti noi che abbiamo delle armi o un pda siamo soggetti a possibili controlli. 
L'esito infausto di uno di questi controlli può portare a grossi guai.
Faccio l'esempio di un conteggio errato dei proiettili detenuti, di un coltello considerato pugnale, della sciabola del nonno non denunciata...
Tanta gente che non ha un porto d'armi ha magari una vecchia pistola o una sciabola o un coltello / pugnale non denunciati. E' difficile, se non impossibile, che siano però soggetti a controlli.
Già chi ha un porto d'armi è visto con sospetto... non andiamo a cercarcela...

mercoledì 6 aprile 2016

Foto su facebook del figlio con il fucile scarico e revoca della licenza. Maneggio delle armi da parte dei bambini.

Scriverò oggi di una brutta sentenza. E' giusto parlarne perchè pur essendo questa sentenza assurda dal punto di vista giuridico e pratico è una sentenza realmente emessa e bisogna sapere in queli guai ci si può trovare con una foto tutto sommato innocente.


Si tratta della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) Torino (Piemonte), sez. I, del 5 giugno 2015 n. 936.
Questo è il fatto:  un titolare di licenza di caccia aveva pubblicato su facebook la fotografia del proprio figlio bambino con in mano un fucile.
La questura gli aveva revocato la licenza di porto d'armi.
L'interessato aveva quindi presentato un ricorso gerarchico al Prefetto. Il Prefetto gli aveva dato torto e quindi ha impugnato la decisione innanzi al TAR.
Anche il TAR gli ha dato torto, stabilendo che:"lasciare nelle mani di un bambino un'arma, allo scopo di fotografarlo e pubblicare le foto su facebook, implica una situazione di pericolo che giustifica il provvedimento di revoca del porto d'armi".
Riporto qui parte della motivazione.
"In proposito il decreto Prefettizio, al pari del decreto del Questore, evidenziano come il fucile fosse tra le mani del figlio minore, e come in una delle fotografie poi eliminate dal profilo facebook, l'arma fosse anche "chiusa".
Affidare nelle mani di un bambino un'arma è di per sé un fatto che mostra assenza di precauzione nell'uso dell'arma, considerata la mancata conoscenza in un bambino anche delle regole fondamentali nell'uso delle armi.
Così riassunte le circostanze di fatto, ritiene il Collegio che il provvedimento sia sufficientemente motivato con il richiamo all'episodio, su cui è correttamente fondato il giudizio di non affidabilità del titolare della licenza.
Sotto questo profilo, va posto in luce che la disposizione di cui all'art. 20 della L. 18 aprile 1975, n. 110 - in forza della quale la custodia delle armi deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica - è evidentemente preordinata alla finalità di assicurare l'incolumità dei cittadini da chiunque si trovi in possesso di armi o munizioni non autorizzate (cfr. T.A.R. Lazio Latina - 14/7/2008 n. 877; sentenze brevi T.A.R. Brescia, sez. II - 12/2/2010 n. 766; 20/4/2012 n. 675). La dinamica dei fatti evidenzia un'oggettiva negligenza e imprudenza nella cura dell'arma sottratta, che è stata lasciata nelle mani di un bambino, seppure con lo scopo di fotografarlo, ma in tal modo con il pericolo anche di un uso non corretto.
L'estrema gravità del fatto richiamato nel provvedimento è certamente circostanza idonea a supportare, per un ragionevole fine di cautela e prevenzione, un giudizio di pericolosità sociale per l'ordine e la sicurezza pubblica, la cui valutazione può legittimamente fondarsi anche su considerazioni probabilistiche."
Questa sentenza è francamente assurda per le conseguenze tratte da un fatto che poteva essere certamente banale (e senza una motivazione esauriente). Invito a rileggere per la loro assurdità le parole che ho riportato sopra in grassetto.
Questo atteggiamento mi ha fatto pensare a mia suocera che voleva sequestrare un fucile da caccia giocattolo a mio figlio ... perchè pericoloso ...
Quando la smetteremo?
E' evidente che le armi vadano custodite con la massima attenzione. 
Nel caso specifico un conto sarebbe dare in mano ad un bambino un fucile carico, facendolo magari sparare, un conto è dargli in mano un fucile scarico (controllato dieci volte) per fargli fare una foto, "con l'arma del papà!". Immagino il sorriso di quel ragazzino...
Bisogna piantarla di vedere un'arma come un oggetto diabolico e dai misteriosi poteri occulti.
Le armi vanno custodite con la massima attenzione in modo che non capitino incidenti.
In questo senso ricordo un colloquio con un funzionario della Questura di Roma, il dott. Renato Quircio, scrittore di un ottimo testo sulle armi ed ora in pensione (libro armi). Nel nostro colloquio concordavamo sul fatto che i bambini è bene che qualche volta imparino anche a conoscere un'arma e magari a controllare se è carica. Questo proprio ed esattamente al fine di evitare possibili incidenti.
Premesso infatti che le armi devono essere ben chiuse e scariche ... cosa accade se la notte lasciamo la pistola carica per una possibile difesa abitativa? 
A mio parere è importante che - nei limiti inderogabili della sicurezza - sotto la stretta sorveglianza del genitore - un bambino sappia che cosa è un'arma e magari si possa rendere conto che è carica. Sempre prudenza, prudenza, prudenza ... anche con un coltello da cucina però...
Oppure dobbiamo sostenere che una motosega è meno pericolosa di un fucile scarico e controllato dieci volte?
 

lunedì 15 febbraio 2016

I precedenti penali e la concessione del porto d'armi. Sentenza 1072 del 29 gennaio 2015.

Il problema è quello dei requisiti che devono sussistere per la concessione del porto d'armi.
La sentenza 1072 del 29 gennaio 2015 ha ribaltato la precedente sentenza (sempre Consiglio di Stato) del 16 luglio 2014.
La sentenza del 2014 era gravissima perché modificava in modo peggiorativo la concessione del porto d'armi a chi avesse avuto precedenti penali.
Diceva infatti che la licenza andava negata "automaticamente" a chi avesse avuto precedenti. Questo era contro il criterio precedente per cui l'Autorità di PS aveva il potere discrezionale di decidere, in base  all'esame particolare di ogni situazione.
Ancora più grave è che venisse negata efficacia alla riabilitazione.
La riabilitazione è quel procedimento legale per cui dopo che un condannato ha scontato la pena, risarcito il danno e dato prova di aver cambiato vita, si può dichiarare riabilitato  con la cessazione di ogni effetto penale della condanna.
La sentenza del 16 luglio 2014 (e l'orientamento della circolare del Ministero degli Interni del 28 novembre 2014, 557/LEG/225.00) sosteneva che i precedenti penali impedissero la concessione del porto anche a chi fosse stato condannato decenni fa e fosse stato riabilitato.
A seguito della circolare e della sentenza del 2014 si era arrivati a revocare la licenza di caccia a chi la aveva da decenni ma aveva riportato una condanna minina trent'anni prima.
La Costituzione ed in genere una concezione un minimo moderna ritengono che lo scopo della pena sia rieducare il colpevole. Quindi quando lo stesso Stato ha detto che il reo ha scontato la condanna, ha risarcito il danno, ha dato prova di aver cambiato vita e deve essere riabilitato, non si vede proprio perché questo non debba valere per i funzionari del Ministero degli Interni.
Fa piacere quindi che il Consiglio di Stato, dopo l'assurda decisione del 2014, abbia saputo tornare sui propri passi in tempi veloci, prima che fossero combinati troppi guai.
Il TAR della Puglia e quello del Piemonte avevano già emesso sentenze sulla linea dell'ultima del Consiglio di Stato. 
Riporto di seguito gli artt. 11 e 43 del TULPS
Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione.


Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi.


  

venerdì 12 febbraio 2016

TAR Romagna. Ingiusto levare il porto d'armi per una lite in famiglia.


Il caso è questo: il Comando della Stazione della Guardia Forestale di Zocca aveva proposto il ritiro della licenza di porto di fucile per uso di tiro a volo. 
La motivazione era che il titolare della licenza aveva litigato violentemente con la moglie.
A questa lite non erano seguite querele o simili e i coniugi si erano riappacificati.
Il Questore di Modena aveva tuttavia disposto la revoca della licenza.
Il titolare si era opposto alla revoca con un ricorso al TAR per l'Emilia Romagna.
Il TAR (sentenza sezione I, n. 444 del 7.5.2015) ha deciso che la revoca era illegittima ed ha annullato la revoca.
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha motivato dicendo che si era trattato di una lite occasionale e di poco conto, tanto è vero che non c'erano state querele da parte della moglie.
E' vero che per l'art. 43 del TULPS, comma 2, il rilascio di una licenza in materia di armi è ampiamente discrezionale ma esiste una misura per cui la discrezionalità non può tramutarsi in arbitrio.
Il provvedimento dell'autorità di PS deve sempre avere il requisito della ragionevolezza.
Si può quindi ritenere consentito che un titolare di licenza in materia di armi litighi in famiglia, occasionalmente.
Da questo non può nemmeno dedursi che siccome ci sono stati dei fatti di cronaca in cui a liti in famiglia sono seguiti omicidi, è opportuno prudenzialmente revocare il porto d'armi in modo che il Questore non possa in seguito essere accusato di aver trascurato i suoi doveri. IL TAR ha specificatamente parlato dell'illegittimità di un uso "difensivo" della normativa da parte dell'autorità (difensivo al fine di evitare critiche successive).
A quanto stabilito dalla sentenza, aggiungo che - considerati i guai che ha avuto il marito litigioso - se non si litiga è meglio. :)


venerdì 5 febbraio 2016

Tirapugni, manganelli e storditori elettrici e simili si possono acquistare e detenere liberamente?

E' capitato anche a me di sentire un armiere dire che poteva vendermi un tirapugni e che avrei potuto tenerlo in casa senza denunciarlo.
Il ragionamento non convince e per capirlo bisogna tornare alla distinzione tra armi ed oggetti atti ad offendere.
Un oggetto è atto ad offendere quando, pur non essendo un'arma, può diventarlo. E' ad esempio difficile pensare che non una piuma di merlo si possa uccidere qualcuno.
E' invece notorio che un martello o un cacciavite diventano facilmente armi letali.
Un martello o un cacciavite non nascono per essere armi ma per fare tutt'altro.
Un tirapugni invece nasce per sfasciare la faccia alla gente o per risultati simili.  Un bastone può essere usato per sfondare un cranio o rompere un ginocchio ma non nasce per questo o è comunque utilizzabile per mille scopi diversi.
Un manganello estensibile nasce per picchiare, punto.
E' quindi logico che ci siano regimi giuridici diversi.
Per comprare un tirapugni, uno stiletto, un manganello, una sciabola e simili,  si deve avere un porto d'armi.
Anche ammesso che si riesca a comprarli senza averlo, il loro possesso va denunciato alla PS o ai Carabinieri.
Non esiste poi una licenza di porto d'armi per un tirapugni... quindi non è lecito in ogni caso portarli fuori dalla propria abitazione.
Mentre poi ci sono dei limiti nella detenzione delle armi da sparo (tre per le comuni, sei per le sportive etc) non esistono limiti numerici di detenzione. Si possono quindi avere anche mille tirapugni, sciabole e pugnali.