Il 16 luglio 2014, il Consiglio di Stato ha emesso una interessantissima sentenza sulla custodia delle armi.
Il Questore ed il Prefetto di Roma avevano revocato la licenza ad uso di caccia e emesso il divieto di possesso di armi.
Il provvedimento è stato emesso a carico di un soggetto il cui fratello si era suicidato proprio usando uno dei suoi fucili.
Oltre questo, anche prima del suicidio, la Questura aveva diffidato la persona a custodire le armi e munizioni in modo che non potessero entrarne in possesso estranei o altri appartenenti alla famiglia.
Le armi devono infatti essere custodite in modo che non ne possano entrare in possesso nemmeno gli altri componenti della famiglia.
Il diffidato non aveva provveduto.
Sta di fatto che, subito dopo il suicidio, i Carabinieri avevano trovato varie armi sparse per casa.
La casa era chiusa per gli estranei ma i familiari (come il fratello suicida) potevano accedere anche da un ingresso che dava sull'azienda agricola di famiglia.
Il titolare del porto d'armi si era giustificato dicendo che normalmente le armi erano chiuse in un armadio ben chiuso; alla porta della stanza era applicato normalmente un lucchetto, sosteneva.
La sentenza rileva che di fatto era stato possibile per il fratello prendere il fucile e suicidarsi.
Non conta quindi che "normalmente" si tengano le armi ben chiuse (magari nella cassaforte).
Si è responsabili anche per il fatto di un momento, ad esempio se si lascia l'armadio aperto ed un figlio gioca con la pistola (o lo fa un ospite).
Bisogna che la custodia delle armi sia fatta correttamente "sempre" non "normalmente". Bisogna prevedere anche il caso eccezionale.
Nemmeno da considerare il fatto di chi, ad esempio, lascia i fucili in macchina per il pranzo in trattoria dopo la caccia ...
L'autorità di P.S. ha un potere discrezionale (art. 39 e 43 del t.u.l.p.s.) che non è nemmeno vincolato da eventuali provvedimenti giudiziari favorevoli al titolare del porto d'arma. Nel caso specifico infatti la persona era stata denunciata per omessa custodia di armi e il processo era stato archiviato.
Altro principio fondamentale stabilito dalla sentenza è che, proprio per il potere discrezionale, nulla vieta all'autorità di P.S. di dare di nuovo porto d'armi e/o permesso di detenzione qualora il soggetto dimostri in futuro la sua affidabilità.
Questa ultima parte della motivazione mi lascia perplesso perché non so proprio come un soggetto possa dimostrare la sua successiva affidabilità, almeno non in tutti i casi.
L'unico caso positivo che mi viene in mente è quello di un tossicodipendente che possa dimostrare di essersi completamente disintossicato ed aver cambiato vita.
Nel caso esaminato dalla Corte dei Conti non so proprio come la persona (cui è stato vietato di detenere armi) possa in futuro "dimostrare" che è diventato "affidabile".
E' anche vero che molte sentenze sembrano permissive nel momento in cui ad esempio dicono che è lecito tenere le armi in un armadio non blindato. Nel momento in cui però concretamente qualcuno se ne impossessa se ne ricava in automatico che la custodia era insufficiente.
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