Il tribunale di Avellino (GUP Riccardi, 23.2.2011) ha risolto un caso molto interessante. La moglie si era uccisa utilizzando la pistola del marito.
La pistola era regolarmente denunciata e custodita in un armadio in camera da letto, con le munizioni.
Al marito era stata contestato che avesse agevolato colposamente il suicidio della moglie.
Era quindi in discussione se si dovessero applicare l'art. 589 del codice penale (omicidio colposo) o l'art. 580 (agevolazione del suicidio).
Il Giudice dell?Udienza Preliminare dott. Riccardi ha assolto l'imputato sotto due profili.
Il primo è che non poteva essere colpevole di agevolazione del suicidio perché tale norma si riferisce a chi aiuti un suicida volontariamente. E' ad esempio applicabile a chi consegni una pistola ad un malato di tumore che voglia suicidarsi (e la consegni capendo che vuole porre fine alla propria vita).
Il secondo è forse più interessante.
Si può infatti pensare che il non tenere una pistola in cassaforte possa aver aiutato la donna ad uccidersi.
Se la pistola fosse stata ben chiusa, con la chiave tenuta dal marito, la donna non avrebbe potuto prenderla ed usarla.
Sembrerebbe quindi logica la condanna per omicidio colposo (art. 589 c.p.).
Il Tribunale ha invece ritenuto che l'aver lasciato la pistola a disposizione della moglie (o di altri familiari) sia una concausa ma non l'unica causa del suicidio. In altre parole il suicidio è avvenuto per la decisione della moglie di uccidersi. Avrebbe potuto benissimo farlo anche con il gas, barbiturici o buttandosi dalla finestra.
L'uomo è quindi stato assolto.
Presupposto della decisione è stato che la vittima fosse una persona con normale capacità di autodeterminazione.
L'imputato non è stato nemmeno condannato per negligente custodia di armi (art. 20 legge n. 110/1975).
Si è infatti ritenuto che il tenere l'arma in un armadio chiuso nella propria camera da letto sia sufficiente, proprio perché l'abitazione e la camera da letto sono normalmente frequentate solo dai familiari.
In conclusione, a parte i complimenti all'avvocato che ha difeso l'imputato ed alla sensibilità del giudice, farei altre riflessioni.
Ritengo che l'indagato non sia stato certo felice nello scoprire che la moglie ha usato proprio la sua arma per uccidersi.
Nello stesso tempo, pur in presenza di una sentenza di assoluzione, la questura potrebbe sempre negare al medesimo la possibilità di tenere armi. La facoltà di tenere armi (e di portarle) non è infatti un diritto ma una facoltà che viene concessa solo quando l'amministrazione, nella sua discrezionalità, abbia garanzie massime di retto comportamento (vedasi ad esempio la sentenza 1935/2008 del TAR dell'Emilia Romagna).
Infine altri giudici avrebbero potuto benissimo condannare la stessa persona e comunque c'è stato un processo.
Considerando la spesa irrisoria dell'acquisto di una cassaforte da muro è sempre più prudente custo
dire la propria pistola ben al sicuro.
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